collettivo di scienze politiche

il collettivo di scienze politiche sta per aprire un blog…. per info mail to collettivodiscienzepolitiche@gmail.com

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network dei collettivi per l’autoformazione

FUORI I BARONI DALLE UNIVERSITA’

Anna Adamolo (di)Rettrice! 

 

 

Lunedí 26 gennaio decine di studenti
universitari hanno occupato i rettorati della Universitá Statale di Milano e dell’Accademia di belle Arti di Brera. Dalle
poltrone dei rettori Anna Adamolo ha tenuto due conferenze stampa e,
acclamata dagli studenti, è stata nominata nuova (Di)Rettrice. Durante
le conferenze sono stati declamati i dieci punti del programma della
nuova libera università.

Una libera universita’ che propone
Autoformazione, laboratori autogestiti, abolizione del sistema dei
crediti, spazi liberi e autogestiti per gli studenti, servizi gratuiti
come la distribuzione di testi e dispense, una ricerca libera e non "a
misura" di azienda; insomma un luogo di formazione pubblica e critica,
in grado di essere trasparente e libera da baroni e rettori,
sostenitori di interessi corporativi e non collettivi.

Le intenzioni
del governo erano chiare già nella l.133/2008: scaricare i costi della
crisi sul welfare state e sul sistema d’istruzione. Lo scorso autunno,
mentre l’Onda travolgeva le metropoli affermando di non voler pagare la
crisi, i baroni si mostravano molto cauti…. Tramite la Crui e il Pd
si stavano adoperando nelle stanze buie dei Ministeri per garantirsi un
posto nella riforma dell’università di cui la Gelmini parlava già da
mesi.


I baroni non dimostrano interesse per la qualità del sapere e
della ricerca, non importa che l’università diventi pubblica o diventi
privata: vogliono semplicemente mantenere la loro posizione o, se
proprio qualcosa deve cambiare, vogliono gestire la trasformazione
dell’università. Questi gli interessi mascherati dalla vuota retorica della meritocrazia.


 

E’ proprio questo tipo di manovre che gli studenti
dell’Onda hanno sanzionato questa mattina, il rettore Enrico Decleva
della Statale di Milano sta infatti portando avan
ti in queste
settimane, in senato Accademico e ora in esame al Ministero, la
modifica dello Statuto di Ateneo per garant
irsi la possibilita’ di
rimanere Rettore (pur essendo al termine del secondo mandato) e quindi
anche Presidente della CRUI (Conferenza dei Rettori delle Universita’
Italiane).

Non solo Decleva e’ protagonista di queste manovre
clientelari di potere, anche il direttore dell’accademia di Brera
Fernando De Filippi, ha raggiunto il culmine dell’indecenza, sono
infatti vent’anni che presiede la direzione dell’Accademia grazie a
accordi e giochi di potere, che gli hanno permesso di rendere
l’accademia di belle Arti un salotto privato: tra il personale,
infatti, ha potuto inserire a piacimento parenti e amici in un vortice
di inpunita’ e raccomandazioni: anche lui stamane e’ stato sostituito
da ANNA ADAMOLO.



Dopo
che il dl 180/2008 e’ diventato Legge, dopo che nel
silenzio Rettori e Direttori continuano a portare avanti interessi
corporativi e personali nelle Universita’ e Accademie pubbliche, L’
ONDA E’
RITORNATA….ANNA ADAMOLO diRETTRICE!!

 NETWORK DEI COLLETTIVI UNIVERSITARI PER L’AUTOFORMAZIONE
 

 

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laboratorio di autoformazione 2.0…. 3 crediti liberi!

metrouniversity

"UNIVERSITA’ IN
TRASFORMAZIONE"


Laboratorio di autoformazione 2.0
3 crediti
liberi



primo
incontro MERCOLEDI’ 21 gennaio ore 12.30 AULA 25

facoltá di scienze politiche
via conservatorio 7 _ milano
 
A settembre si teneva a Scienze Politiche la
presentazione della Facoltà alle matricole. A qualche giorno dall’omicidio di
Abba, nessuna presa di posizione sulle politiche securitarie che incentivano la
xenofobia e il razzismo. In una Facoltà’ colma di corsi sulle diverse
sfaccettature dei fenomeni migratori e del controllo sociale, nessuna presa di
parola. Noi abbiamo interrotto l’incontro: l’università non e’ una torre
d’avorio estranea alle dinamiche e ai conflitti sociali che trasformano la
metropoli. Il sapere non é neutro, il sapere é sempre di parte e serve a
prendere posizione. Per questo nel primo trimestre abbiamo costruito il
laboratorio di autoformazione "metropoli meticcia". Abbiamo ottenuto
il
riconoscimento di 3 crediti come forma di riappropriazione del tempo di
studio e di produzione del sapere che il dispositivo dei crediti vorrebbe
misurare e controllare.
Il primo laboratorio di autoformazione a Milano e’
stata una scommessa. Un’esperienza che e’ stata travolta e attraversata
dall’Onda Anomala: non si trattava semplicemente di dire no ai tagli della
133/2008 ma di iniziare a immaginare e a costruire la "libera università" a
partire dagli strumenti che avevamo. Le manif sauvages, i blocchi metropolitani,
le lezioni in piazza e l’autoformazione… di fronte a un rapporto gerarchico e
verticale nella trasmissione del sapere nelle nostre università, autoformazione
é orizzontalità, partecipazione, condivisione e sapere critico che produce
azioni. Ora si tratta di fare un passo avanti: indagare come funziona
l’università e quali sono i soggetti che partecipano alla sua governance,
chiederci cosa significa produzione e trasmissione del sapere, chiarire il
rapporto tra università e metropoli e costruire gli strumenti per
trasformarla.
Per questo il nuovo laboratorio parlerà proprio di "Università
in trasformazione".
Sulle macerie dell’università dei baroni e del
fallimentare 3+2, nelle facoltà e accademie di Milano si moltiplicano i percorsi
di autoformazione come pratica di riappropriazione degli spazi e dei tempi, di
sabotaggio del sistema dei crediti, di dibattito e di saperi
critici.

primo incontro
MERCOLEDI’ 21 gennaio ore 12.30 AULA 25

Per
l’iscrizione al laboratorio e per ricevere il programma scrivi una mail a: collettivodiscienzepolitiche@gmail.com

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autoformazione FREE GAZA NOW!

PERCORSO DI AUTOFORMAZIONE E SOLIDARIETA’ ATTIVA

FREE GAZA NOW! 

 

Quello di mercoledí 14 gennaio a scienze politiche é stato il primo di una serie di incontri sulla "guerra" di Gaza
che attraverseranno nelle prossime due settimane le facoltá e la
metropoli milanese
perché rifiutarsi di pagare la crisi dell’università
baronale e del fallimentare 3+2 significa anche osare immaginare e
cominciare a cosrTuire la "libera universitá" a partire da una semplice
constatazione: il sapere non é neutro, il sapere é sempre di parte e
serve a prendere posizione. L’università non puó essere una torre
d’avorio estranea ai conflitti sociali e al meticciamento che trasforma
la metropoli né tanto meno alle dinamiche globali.



La  guerra contro la popolazione civile palestinese nella striscia di
Gaza deve cessare, la libertà e la dignità dei popoli non si
cancellano! Stop war on Gaza now!!!

PROGRAMMA DEI SEMINARI DI AUTOFORMAZIONE:


Mercoledì 12 gennaio ore 16.00 @ Scienze politiche, via Conservatorio 7

Assemblea Pubblica 
Stop War on Gaza Now
con Islamic Relief Onlus, impegnata nel supporto alla popolazione civile palestinese.


Giovedì 22 gennaio ore 10.00 @ Accademia di brera, Chiesa sconsacrata di San Carpoforo. Via San carpoforo.
Cosa accade? uno sguardo dentro al conflitto.
con Islamic Relief Onlus, impegnata nel supporto alla popolazione civile palestinese.

 


Martedì 27 gennaio ore 12.30 @ Università Bicocca, facoltà di Scienze dell’Educazione
Focus storico politico sulla Palestina.


Martedi’ 27 gennaio ore 16.30 @ Mediazione culturale, Piazza Indro montanelli, Sesto San Giovanni.
Lezione Pubblica Il Mondo arabo, cosi’ vicino, cosi’ lontano, uno sguardo contro la guerra di civiltà.
con Massimo Campanini (docente di storia contemporanea dei paesi arabi),
Francesca Forte, professoressa di Lingua e Cultura Araba presso la facoltà di mediazione culturale
ass. Giovani Musulmani Italiani

 


Percorso di autoformazione organizzato dai collettivi per l’autoformazione.

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ASSEMBLEA PUBBLICA DI CONTROINFORMAZIONE

mercoledi’ 14 gennaio ore 12.30
aula 3, facolta’ di scienze politiche
via conservatorio 7 (mm1 san babila) – Milano

ASSEMBLEA PUBBLICA DI CONTROINFORMAZIONE
STOP
 WAR ON GAZA NOW!
con attivisti dell’associazione umanitaria
Islamic Relief

 

Il  27 di dicembre scorso l’esercito israeliano iniziava con sanguinari bombardamenti la sua ultima operazione nella striscia di Gaza, denominata "PIOMBO FUSO". Il 2 gennaio l’intera operazione si trasformava in una incursione di terra, decisa e violenta, che è tutt’ora in corso, e non accenna a fermarsi.
Il bilancio di questi giorni di guerra è senz’altro tragico: le fonti considerate ufficiali e attendibili parlano di oltre 880 palestinesi uccisi dai bombardamenti e dai colpi spietati dei soldati, di cui più di un terzo sono donne e bambini. I feriti sono ormai più di 3650 e la maggior parte di loro, considerando l’impossibilità dei mezzi di soccorso di portare beni di prima necessità, è destinata a morire senza la possibilità di essere curata.La brutalità di questo attacco ha raggiunto un livello insostenibile; sono state utilizzate contro la popolazione di Gaza delle bombe al fosforo bianco, armi chimiche proibite dalla convenzione di Ginevra seppur già utilizzate in Iraq da parte degli eserciti inglese e americano.
Siamo di fronte a un massacro, all’ennesima guerra, ormai rodato strumento di risoluzione, che come in atre occasioni si regge stabile sul ciclone ANTI-TERRORISMO!! Anche nell’era della comunicazione NO LIMITS, dove le immagini dei massacri raggiungono ogni angolo del mondo, lo spauracchio dei terroristi riesce ugualmente a tenere in piedi un teorema che ha portato fino all’operazione "PIOMBO FUSO".


Questo é stato il primo di una serie di incontri sulla "guerra" di Gaza che attraverseranno nelle prossime due settimane le facoltá e la metropoli milanese perché rifiutarsi di pagare la crisi dell’università baronale e del fallimentare 3+2 significa anche osare immaginare e cominciare a cosruire la "libera universitá" a partire da una semplice constatazione: il sapere non é neutro, il sapere é sempre di parte e serve a prendere posizione. L’università non puó essere una torre d’avorio estranea ai conflitti sociali e al meticciamento che trasforma la metropoli né tanto meno alle dinamiche globali.

La  guerra contro la popolazione civile palestinese nella striscia di Gaza deve cessare, la libertà e la dignità dei popoli non si cancellano! Stop war on Gaza now!!!

 
 
 
Islamic Relief
(IR)è un’organizzazione internazionale umanitaria e per lo sviluppo,
che mira ad alleviare le sofferenze dei più
poveri nel mondo
. E’ una organizzazione non governativa (ONG)
fondata in Inghilterra nel 1984 da un medico, il dott. Hany El Banna.

"Nonostante i cambiamenti frequenti
della situazione politica in Palestina e a Gaza in particolare,
la situazione umanitaria rimane drammatica. Islamic Relief da anni affronta
le continue crisi umanitarie con interventi d’emergenza,
aiutando la popolazione  a fronteggiare la costante mancanza di beni
di prima necessità,  distribuendo cibo, acqua, coperte ecc., donando
macchinari moderni per ospedali e cliniche, portando medicinali essenziali
ed intervenendo con continuità per limitare le sofferenze del martoriato
popolo palestinese. Ma tutto questo non basta,Islamic Relief coerentemente
con la propria strategia che mira a permettere alle popolazioni di ottenere
i
mezzi con cui
autosostentarsi e a promuovere un’economia sostenibile ed uno sviluppo
sociale organico, implementa progetti di medio e lungo termine"

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contributi a un approfondimento sulla crisi

          C’E’ CRISI: NOI NON LA PAGHIAMO!

                                        contributi a un approfondimento sulla crisi 

 

«Noi
la crisi non la paghiamo!», è il nome comune delle lotte che da più di
un mese attraversano il tessuto produttivo metropolitano, è
l’espressione collettiva dell’onda che, partita dalle scuole e
dall’università, sta contaminando le nostre città.

La
crisi globale è crisi del capitalismo stesso? Il crollo delle borse
mondiali, della speculazione finanziaria e immobiliare continua in
attesa della vera crisi, quella dell’economia reale? Cosa resta del
neoliberalismo dopo decenni di egemonia? La crisi è determinata da
fattori interni al capitale o da un rapporto di forze?

Una
cosa è chiara: il governo della provincia Italia ha risposto tagliando
indiscriminatamente il welfare e il sistema d’istruzione per sostenere
il sistema bancario e per rimediare alla soppressione dell’Ici.

Ma i
soggetti del mondo della formazione hanno lanciato un messaggio forte e
chiaro: questa crisi non può ricadere sulle spalle dei precari, della
scuola, dell’università, della ricerca, della sanità.

Nessuno
vuole pagare la crisi! Nessuno vuole socializzare le perdite di un
sistema in cui la ricchezza è sempre stata spartita da pochissimi.

 

                                                                                    dal primo incontro del ciclo di approfondimento sulla crisi a cura di uninomade e metrouniversity,

                                                                                                             
                                                   21 novembre 2008, scienze politiche

 

 

1) Testi e audio del seminario organizzato da Uninomade / Metrouniversity, a cavallo del movimento dell’Onda : Ciclo di Approfondimento sulla crisi, a cura di Metrouniversity

2) Andrea Fumagalli, " La fine del capitalismo? ", Posseweb.net

"Is
this the end of capitalism?", si domanda l’inserto di The Guardian
dedicato alla crisi finanziaria di questi giorni. Spunta lo spettro del
’29, si propone il tema dell’instabilità strutturale del capitalismo
contemporaneo.

 

3) Andrea Fumagalli, "L’inflazione da finanza e la crisi del settimo anno ", Posseweb.net

Il
quadro macroeconomico europeo e mondiale è in fase di peggioramento. I
fattori di instabilità stanno aumentando. Alle tensioni presenti sui
mercati finanziari si aggiunge l’instabilità dei prezzi.


 4) Christian Marazzi "la moneta e la finanza globale", Multitudes

Tutto
ciò che sembrava delineare un funzionamento normale della finanza negli
anni Settanta è oggi scomparso, e per questo le teorie economiche si
dimostrano obsolete. Negli ultimi decenni, tutto si è trasformato
all’interno della finanza e delle sue regole.

 

 

5) Estratto dell’intervista del collettivo di scienze politiche a Toni Negri, pillola rossa, novembre-dicembre 2007

Oggi,
come identificare la crisi? Da un punto di vista superficiale – di
cronaca – si vede questa fortissima crisi che comincia dal sistema
ipotecario americano e porta giù tutte le previsioni di crescita del
sistema occidentale complessivo. La ragione è la stessa per cui si era
determinata la del ‘29: il capitale offriva di più di quanto la gente
potesse comperare. C’era un’offerta superiore alla domanda. Da questo
punto di vista una cosa sembra abbastanza chiara: sono crisi
pesantissime e sono cumulative. Da migliaia di piccole banche che fanno
i prestiti, la crisi si proietta sulle grandi banche che garantiscono
le piccole, per arrivare alle banche centrali che in maniera più o meno
indipendente controllano l’emissione di moneta, la definizione dei
tassi di interesse ecc. ecc. e quindi le forme e le quantità in cui
devono formarsi gli equilibri della riproduzione del sistema. Ma la
crisi non sta in questo. C’è sotto un rapporto di forze. Esattamente
come nel ’29. Il ’29 è avvenuto fondamentalmente perché i capitalisti
avevano paura della rivoluzione sovietica. Avevano paura e quindi di
fronte a quella che era la richiesta di salario e di ricchezza da parte
dei lavoratori, li concedevano. Solo che il meccanismo capitalistico
non riusciva poi a compensare la domanda. E oggi sta avvenendo la
stessa cosa. Oggi la paura non è più evidentemente quella del
comunismo. Ma è la paura di grandi movimenti, di grandi spostamenti di
potere che si danno. Pensate a quello che significa un’America Latina
indipendente: centinaia di milioni di persone che vogliono che il
petrolio serva per mandare i bambini a scuola, per mangiare
decentemente, per mettere le scarpe. Questi sono spostamenti di
ricchezza e di potere enormi. Siccome la torta è sempre la stessa,
viene tolta ai lavoratori americani e viene spostata verso altri
ambiti. L’unilateralismo americano cosa era se non il tentativo
mantenere questo egoismo di grande nazione, imperiale e egemone sugli
altri?

Ormai
qui si danno situazioni nelle quali i rapporti di potere si
disequilibrano rispetto alle forme di gestione proprie del modo di
produzione capitalistico: c’è l’intera società e non più semplicemente
quelli che lavorano, che chiede denaro, che chiede ricchezza. Perché è
solo la società – e quindi la circolazione di beni materiali e
immateriali, di beni cognitivi e di capacità cognitive – che produce
valore, e quindi chiede di essere riconosciuta in termine di valore.
Questo è l’esodo: la rottura sistematica di tutti gli equilibri che il
capitalismo propone. Sia sullo spazio del comando (nei rapporti
geopolitici generali), sia nell’intensità e nella temporalità del
comando. Nel momento in cui la cooperazione sociale si rende
indipendente dal comando capitalistico non è più il capitale che
determina la cooperazione sociale ma la cooperazione sociale che si
pone in maniera indipendente e contraria al capitale. Più o meno
contraria, in realtà. Spessissimo non in termini politici. Sempre,
comunque, vuole essere pagata. Il sol fatto di voler essere pagata, di
avere degli interessi che gli vanno contro, è l’elemento decisivo. E’
qui che bisogna rimettersi a studiare
Il Capitale. E’ qui che dopo Keynes, contro tutta l’economia neoclassica, risorge il Capitale.
Keynes l’aveva perfettamente capito, quando dice “o noi riusciamo a
regolare in maniera assolutamente continua un aumento della produzione
tale da corrispondere a quello che è l’aumento continuo dei bisogni, a
quella che è la necessaria socializzazione del capitale, o siamo
fottuti”. Lo diceva da un punto di vista capitalistico. Marx diceva lo
stesso: “c’è un momento in cui questo ritmo, questa capacità del
capitale di inseguire i bisogni della classe operaia si rompe,
l’equilibrio si rompe. Quello è il momento in cui la classe operaia può
prendere il potere per sviluppare il lavoro vivo”. Oggi non si tratta
più semplicemente di classe operaia, si tratta di proletariato in
generale, di tutti quelli che lavorano, che vorrebbero lavorare o che
comunque lavorano senza che venga loro riconosciuto salario – questo è
quanto emerge all’interno di questo processo. L’esodo costituente non è
altro che questo. E’ questa rottura. Si può comunque andare ancora più
a fondo nell’analisi dell’esodo costituente. Non più semplicemente dal
punto di vista politico ma dal punto di vista della critica
dell’economia politica. Si possono prendere le formule marxiane della
riproduzione (che prevedono che la forza lavoro sia organizzata dal
capitale e infatti la forza lavoro all’interno del capitale si chiama
kv, capitale variabile) e cominciare a comprendere come questo kv se ne
va dall’unione organica col Kc (capitale costante). Se voi leggete
Marazzi, vi dà degli spunti teorici attorno a queste cose. Nello
sviluppo capitalistico c’è una forza di comando che prende la
popolazione e l’organizza in quanto popolazione produttiva, secondo
delle norme precise. Ci sono norme che vigono nel rapporto tra padrone
e operaio nella fabbrica e ci sono altre norme che vigono nel rapporto
tra stato e società in generale. La produzione di plusvalore, cioè di
profitto nella fabbrica, corrisponde a un certo tipo di controllo, di
disciplina della società. Quando si spacca questo rapporto l’insieme
dei lavoratori, il proletariato o la moltitudine (chiamatela come
volete), se ne va. Questo è l’esodo. La moltitudine comincia a pensare
che i propri valori non siano quelli che il capitale considera primari
per la riproduzione. E queste sono esperienze che noi facciamo nella
nostra educazione sentimentale, nella nostra educazione politica in
maniera assolutamente precisa. Non sono cose molto astratte. Perchè
diciamo che non ci va bene il capitale? Perché produce un tipo società
che a noi in parte piace, in parte non piace. E’ chiaro che ti piace o
non ti piace nella misura in cui tu costruisci collettivamente dei modi
di vita, delle forme di vita che non funzionano nella collaborazione
con il capitale. E lì trovi la rottura.

 

 

6) audio degli interventi del seminario “Crisi della finanza, trasformazioni della democrazia, critica della politica”  organizzato da uninomade che si e` tenuto a Bologna il 12 e 13 settembre di quest’anno. Tratto da Uniriot.org:
Alcune
ipotesi interpretative per analizzare una crisi che non è solo
finanziaria, ma della globalizzazione, del capitalismo neoliberale così
come lo abbiamo conosciuto fino ad ora. Una crisi tutta nuova rispetto
a quelle che si sono succedute negli ultimi 25 anni perché appare come
una crisi di sistema, che mostra la inefficacia degli aiuti
straordinari che si ripetono in questi mesi. Una crisi della finanza i
cui effetti ricadono immediatamente sulla cosiddetta economia reale, e
che dimostra come la finanziarizzazione non sia altro che la nuova
articolazione del comando nella ristrutturazione della economia
cosiddetta industriale. Questo seminario ci consegna una urgenza: non
solo quella di individuare nuove categorie economiche e politiche per
leggere la globalizzazione oggi, ma anche e soprattutto l’urgenza di
ripensare ad un nuovo welfare, ad un nuovo new deal.

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IL DL 180/2008 SULL’UNIVERSITA’ DIVENTA LEGGE

 NOI LA CRISI NON LA PAGHIAMO… LA CREIAMO! 

 

E’ stato convertito in legge il dl 180/2008 sull’Università.

Sono state cambiate le norme concorsuali che non risolvono però il nodo dei concorsi truccati in quanto facilmente aggirabili dai baroni che continueranno a gestirli. La posizione dei ricercatori viene ulteriormente precarizzata. I fondi destinati al diritto allo studio vengono incrementati anche se in misura ridicola rispetto ai bisogni degli studenti.

La finanziaria di dicembre ha confermato il blocco del turn-over e il taglio ai fondi per le università (salvo quelle private!) della l.133/2008 che vengono ora associati a discriminanti di "merito". Il 7 per cento del fondo di finanziamento ordinario sarà destinato alle università "virtuose", senza alcun riferimento ai parametri che verranno utilizzati. Il blocco del turn-over interesserà solo quelle università che superano il tetto del 90 per cento alle spese del personale: visti i pesanti tagli quasi tutte. Dietro la vuota retorica della "meritocrazia" si nasconde lo smantellamento dell’istruzione superiore.

La volontà del governo è chiara. La crisi del sistema universitario causata dalla mala-gestione da parte di lobby di baroni e da governi di destra e di sinistra, vogliono farla pagare agli studenti, ai ricercatori precari e ai lavoratori. Più in generale la crisi di un sistema in cui risorse e servizi non vengono redistribuite bensi’ privatizzate, in cui taglio del  welfare state e precarizzazione del mondo del lavoro si abbattono in modo trasversale.

Nei mesi scorsi l’Onda Anomala partita dai soggetti del mondo della conoscenza ha investito le metropoli ponendo al centro del dibattito pubblico la questione dell’istruzione, dei problemi dell’università e affermando che non abbiamo nessuna intenzione di pagare la crisi. Ancora una volta il decreto 180 rappresenta false soluzioni ai veri problemi dell’università. Continueremo a riappropriarci di tempi e di spazi all’interno delle università per trasformarle, e  riprenderemo a attraversare e bloccare le metropoli.

Non abbiamo paura: non solo continuiamo a ribadire che noi la crisi non la paghiamo, ma noi la crisi la creiamo a chi vuole scaricarla sugli studenti, sui precari, sui lavoratori!


 

facoltà e accademie in mobilitazione

www.ondanomalamilano.org

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Assemblea Interfacoltà a Brera

Dopo giorni di attese speranze e dolori.. l’attesissima..

Assemblea Interfacoltà
.. che pensavate?! L’ONDA ANOMALA NON SI FERMA!

Giovedì 18 – h.16.00

All’ Accademia delle Belle Arti di Brera giovedì 18 dicembre un appuntamento per rilanciare, con uno sguardo in avanti a partire da gennaio con la riapertura dei corsi, nuove mobilitazioni, per costruire l’università libera determinati a non fermarci fino al ritiro della 133, della 137 e della 180.


L’Onda Anomala non ha nessuna intenzione di fermarsi, e settimana prossima durante l’ iniziativa "Accademia LIbera" alla sede di Brera in S.Carpoforo alle 18.00 assemblea tra le facoltà e le accademie in mobilitazione permanente per discutere a partire dagli scorsi mesi di mobilitazione intensa e continua, le modalità di riapertura delle iniziative da gennaio in avanti: ragionare sull’ autoriforma delle università, a partire dai percorsi di autoformazione, tenendo aperta una forte critica alla didattica, con blocchi della didattica stessa per riappropriarci della formazione; discutere di come aprire una vertenza forte sul welfare attraverso pratiche di conflitto perchè non solo non pagheremo la crisi delle banche ma anzi rivendichiamo reddito; rilanciare i blocchi metropolitani sempre con quello sguardo alle mobilitazioni selvagge contro il CPE che a Parigi pochi anni fa hanno vinto.

ABBIAMO COMINCIATO PER NON FERMARCI
Giovedì 18 dicembre h.18.00 Accademia di Brera – S.Carpoforo, Via Formentini 12

 Accademia di Brera in Mobilitazione Permanente
Clicca per sapere come arrivare!
Where
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11 Dicembre – Mostra Fotografica strage di Piazza Fontana

Domani, 11 dicembre, sarà allestita una mostra fotografica su p.zza Fontana, ai banchi studio in scienze politiche, a partire dalle 12.00!

Al posto che l’iniziativa "Teniamo aperta la Biblioteca!" a causa del freddo infame e della poca gente che circola in università!

 

Venite numerosi!

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Scuole private cattoliche: magicamente i soldi ritornano

Siamo arrivati ad un punto in cui la rabbia rischia di lasciare il posto alla più cupa rassegnazione, alla disillusa consapevolezza dell’immutabilità della società italiana, immobile, imperturbabile tra le mille ingiustizie di cui è pervasa.


Chi ci rappresenta ha tolto miliardi di euro all’istruzione pubblica e alla ricerca, firmando la condanna di un sistema già al collasso, sputando sul diritto allo studio e sull’uguaglianza sociale, e per di più negando, mascherando le malefatte con gli ormai collaudati mezzi mediatici.


Noi abbiamo detto no. E per questo siamo stati minacciati, insultati, trattati come criminali (peraltro da gente che di crimini se ne intende in prima persona). Noi abbiamo ribadito il nostro no. Ma ciononostante continuano a non ascoltarci, a ignorarci, a etichettarci (con la complicità del ministero della propaganda).


Erano previsti 120 milioni di euro di tagli alle scuole private cattoliche. Analizziamo questa frase. Innanzitutto “private”, che quindi hanno fonti di sovvenzionamento alternative al finanziamento pubblico (e io mi chiedo perchè, cittadino orgoglioso di usufruire dell’istruzione pubblica, dovrei contribuire con le mie tasse al finanziamento di scuole private. Non sarebbe meglio aggiungere questi soldi al budget in rosso della pubblica istruzione?).
Poi l’aggettivo, “cattoliche”. Ecco, ci sarebbe una cosa chiamata laicità dello stato, ma in Italia forse è meglio lasciare perdere.
Dulcis in fundo, il predicato verbale: “erano”. Non è un errore, è al passato.
E’ bastata una semplice parola minacciosa di Bruno Stenco, direttore dell’Ufficio nazionale della Cei per l’educazione, perchè il sottosegretario all’economia Giuseppe Vegas in una frazione di secondo facesse riapparire sul piatto i suddetti 120 milioni. Forse il Ministero della Propaganda ci farà credere che no, non erano mai spariti. O forse addirittura che non esistono affatto.


Almeno riuscissero a convincerci che non è mai accaduto! Il dramma è proprio che è successo, che mentre continuano a ripeterci che i soldi non ci sono, la realtà è che per qualcuno si trovano sempre, e all’istante. Noi però è da mesi che urliamo in milioni la nostra indignazione, ma ad apparire è stata solo la tracotanza di un esecutivo che mira ad intimidirci. Invece saranno loro ad imparare a temerci.

per i più diffidenti: http://www.corriere.it/cronache/08_dicembre_05/cei_scuola_mobilitazione_governo_59e1ed96-c2ad-11dd-8440-00144f02aabc.shtml

Massimo Airoldi

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