18 marzo: si torna in piazza col mondo della formazione!

mercoledì 18 marzo ore 9.00 p.ta Venezia

NOI LA CRISI NON LA PAGHIAMO! 

Difendiamo la scuola e l’università, liberiamo e condividiamo i saperi per un futuro libero dall’ignoranza e dalla precarietà

Abbiamo
detto da subito che non volevamo pagare la crisi, per questo saremo di
nuovo in piazza il 18 marzo, il giorno dello sciopero e come ad ogni
sciopero, parteciperemo in movimento, determinati a portare in piazza
le ragioni del mondo della formazione.


Siamo scesi in centinaia di migliaia, in movimento, anzi in Onda,
inarrestabili, bloccando le strade tra gli applausi dalle finestre,
fermando il traffico con il sorriso degli automobilisti, perchè ognuno,
se non è più a scuola o all’università, ha lì un figlio, una sorella
minore o un nipotino, perchè il blocco della produzione, a partire
dalla circolazione che abbiamo messo in campo era a difesa del futuro
di tutte e tutti.


I tagli della scure firmata Tremonti-Gelmini non si sono fermati e
abbiamo cominciato a pagarne le conseguenze studenti, docenti,
ricercatori, professori, tecnici amministrativi, tutte e tutti coloro
che hanno a che fare con il mondo della conoscenza e non solo.


In questi mesi sono stati colpiti molti altri pezzi di società: meno soldi, ma anche meno diritti e libertà.


Con la crisi la precarietà quotidiana, della vita, fatta di accesso al
reddito intermittente e oggi sempre più persino disoccupazione è
cresciuta, mentre i servizi essenziali, a partire da quelli che
riguardano direttamente l’università come l’Isu vengono smantellati e
cancellati, stipendi e salari dei lavoratori della scuola vengono
colpiti, poco importa se il numero di iscritti per classe aumenta a
dismisura..


Abbiamo visto la limitazione del diritto di sciopero, i pacchetti
sicurezza e il decreto antistupri fatto di ronde, come strumenti per
diffondere razzismo e non per garantire una vita migliore a tante e
tanti. E’ nei momenti di crisi che si rende più facile far passare la
demagogia di discorsi discriminatori e intolleranti, dell’autoritarismo
e questa è l’unica risposta che vediamo ora da parte del governo.


Abbiamo anche visto i primi risultati dell’effetto Gelmini e del
tentativo autoritario nelle scuole: una pioggia di 5 in condotta e un
aumento smisurato delle insufficienze in materie come la geografia e le
lingue fondamentali dati preoccupanti che fanno pensare ad un futuro
cupo, soprattutto nell’era della globalizzazione.


L’attacco alla conoscenza tramite i tagli, tramite le riforme e le
modifiche della didattica è assolutamente strumentale alla diffusione
di ignoranza e quindi della diffidenza e della paura nei confronti
degli altri. In questo senso non voler pagare la crisi va a significare
una rivendicazione ben più ampia: non è solo opporsi ai tagli
indiscriminati agli stipendi, ai posti di lavoro, ai corsi, ma
significa soprattutto che la crisi non la vogliamo pagare nemmeno sulla
nostra pelle in termini di sottrazione delle libertà, in quanto
soggettività molteplici e differenti.In tutti questi mesi non abbiamo
però smesso di far sentire la nostra voce, a volte meno forte, ma
costante, abbiamo sviluppato le pratiche di costruzione della buona
scuola, dell’università dell’autoformazione, della libertà di
ricercare, perchè rivendichiamo la possibilità di scegliere
consapevolmente sul futuro delle giovani generazioni e non solo.
Rivendichiamo all’Onda di questo autunno e alle mareggiate a venire, ma
anche al lavoro meticoloso di reti solidali che fanno vivere la
battaglia sulla formazione, la capacità di disegnare un futuro meno
cupo, di scambiare realmente i saperi di produrre delle soluzioni nel
corso della lotta, chiara, e netta, contro l’ennesimo colpo micidiale
fatto di tagli di fondi.Lo dimostreremo anche Mercoledì 18 in piazza,
facendo del corteo un giorno di cooperazione, in cui salgano in
cattedra i precari della ricerca rivolti agli studenti medi come gli
studenti delle università rivolti ai bambini delle materne, i docenti e
i professori, portando un’altra volta in piazza, davanti a tutti la
nostra forma gioiosa e costruttiva di bloccare la città manifestando.

 

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